SelfBrand per manager, professionisti e leader d’opinione

Se guidi un gruppo o sei un consulente o una figura pubblica, sai che non bastano la competenza e la simpatia per avere successo. Per farti apprezzare e fare arrivare il tuo messaggio al tuo pubblico (capi, colleghi, clienti, elettori, spettatori e così via), devi rendere percepibile il tuo valore attraverso un brand personale efficace e inconfondibile: il tuo SelfBrand.

Un manager, un consulente e in generale chi guida un gruppo inevitabilmente incontra problemi di organizzazione e comunicazione.
Si possono avere scontri di personalità o di culture diverse, quando c'è scarsa consapevolezza di come si è percepiti dagli altri.
In altri casi è la mancanza di un'identità o personalità ben definita che impediscono a un manager di creare il proprio spazio e di coinvolgere il gruppo.
Altre volte i disonesti rendono difficile la vita agli onesti che non hanno una posizione abbastanza ferma (anche questo fa parte del brand di un capo).
Ci sono poi aziende che usano i manager come esecutori passivi anziché come motori di innovazione ed espansione.
In tutti questi casi è vitale crearsi un SelfBrand, un brand personale adatto a sopravvivere e progredire nel contesto specifico in cui si opera.

Sono infiniti i modi sbagliati di avere un proprio brand personale. Il primo errore è non averlo. Il secondo errore grave è pensare che il brand di un manager sia qualcosa che lui "possiede".
Nel deserto, un manager non ha alcun brand. Il brand è nella mente del suo pubblico: i dirigenti di livello superiore, gli altri manager, i collaboratori a livello inferiore, i clienti, i fornitori, i funzionari pubblici e via dicendo.
Quando un manager milanese va a Roma, ha lo stesso brand che ha a Milano? No di certo, visto che le idee e le emozioni associate a una persona (il suo brand) sono create nella mente degli altri. La metodologia SelfBrand insegna a scoprire come si è percepiti, a coltivare e rivalutare i propri talenti e a comunicare agli altri quello che si è veramente, incluse le proprie potenzialità.

La costruzione di un SelfBrand include quindi azioni di marketing, per esempio per scoprire qual è il proprio target di riferimento, che opinioni ha e come posizionarsi per comunicare efficacemente il proprio messaggio.

Un esempio di SelfBrand difficile da dimenticare è quello di Dario Cecchini, il macellaio di Panzano che recita Dante a chi compra la fiorentina (citato dai media e finito nei libri di marketing americani). Il suo è un vero SelfBrand, non un brand aziendale.

Vediamo qualche esempio aziendale che potrebbe suonare familiare:

  • un capo era talmente esuberante e sicuro delle proprie idee (imposte agli altri, più che condivise) che di fatto impediva l'iniziativa e la crescita dei collaboratori, ridotti al rango di esecutori. Le facce rassegnate del personale rivelavano la scarsa produttività. All'azienda sarebbe stato più utile un manager capace di coinvolgere i collaboratori e a farne emergere le potenzialità. Un manager che non si interessa alla vita dei propri collaboratori ha un cattivo brand e rischia il posto. Se resta, i collaboratori bravi tendono ad andarsene, perché vogliono sentirsi partecipi e apprezzati.
  • Un alto dirigente era talmente arrogante da bussare sul retro delle porte dopo averle aperte ed essere entrato negli uffici altrui. Molti speravano nella la sua caduta, più che nel successo dell'azienda. L'arroganza è un ottimo brand per i manager... della concorrenza.
  • Un ragioniere era piuttosto bravo, ma il suo grigiore e l'aspetto trasandato destavano qualche dubbio sul suo attaccamento all'azienda. Non è un brand che aiuta carriera e stipendio.
  • Un caporeparto era un tecnico competente ma non aveva sprazzi né di entusiasmo né di leadership; il suo brand era talmente debole che nelle riunioni gli altri tendevano a decidere per lui. Gli imprenditori che abbiamo intervistato tendono a credere che un manager senza una personalità ben definita non sia un manager.
  • Un collaboratore del capo del personale era onesto, competente e di bella presenza. Fu preso di mira da una collega arrivista e senza scrupoli, tanto da doversi dimettere dalla filiale italiana di una multinazionale tedesca. La sua carenza di brand personale danneggiò sia lui sia l'azienda, dove si era instaurato un clima di paura.

Un SelfBrand non è una finzione, non si tratta di trucchi per avere successo con gli altri o nel lavoro. Se un manager vuol guidare un gruppo, il suo brand personale, ovvero la sua reputazione e le impressioni che suscita negli altri includono fattori come il livello di responsabilità, la competenza, l'onestà, la coerenza con le proprie aspirazioni, l'amore per gli altri, la lealtà verso l'azienda e altri fattori che ciascuno di noi osserva negli altri. Il SelfBrand aiuta a essere consapevoli di questi fattori e a farne buon uso.
Inoltre il brand di un leader dovrebbe includere la capacità di osservazione, per riconoscere i falsi brand dei disonesti, interessati più ai propri interessi che a quelli del gruppo. Un buon SelfBrand è il primo a smascherare adulatori, fannulloni e sabotatori.

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